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La follia di Las Vegas di Amir Naderi, il pop anglo-malese di Yeo Joon Han e il Crialese reality

di Boris Sollazzo

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2 settembre 2008
Regista e cast di "Vegas: based on a true story" (Ap)

In attesa degli ultimi botti, da Demme ad Aronofsky passando per Corsicato, la Mostra entra nel rush finale con i film "minori" della selezione, tra cui però spicca quel geniaccio di Amir Naderi, iraniano di stanza negli Usa, che offre una commedia corrosiva sul dio denaro, Vegas: based on a true story. Non molto dissimile nello spirito, ma lo è nello stile, l'anglomalese $e11 Ou7!, pamphlet divertentissimo e cattivo contro la società dei consumi e dei reality. Infine, "Le giornate degli autori" tengono altissima la qualità anche con gli eventi doc (nel senso di denominazione di origine controllata e di documentario). I 40 minuti e spiccioli di Che saccio sono una chicca cinematografica di dolcezza infinita.

Vegas: based on a true story- Concorso
Amir Naderi è arrivato al quinto film americano. E' un iraniano atipico dalla mente lucida e irriverente che stupisce anche quando il film non gli riesce, per quella sensibilità originale nella regia e nel racconto che lo rendono un maestro per molti, anche se sconosciuto al grande pubblico. Uno che ha attraversato tutti i linguaggi, compreso quello anti-narrativo, per approdare a uno stile ironico e deciso. Torna ai suoi migliori livelli, quelli di Marathon, con il film Vegas: based on a true story, in cui scopriamo che il detto "Quel che succede a Vegas, rimane a Vegas" può avere un'accezione diversa da quella comunemente conosciuta. Soprattutto se il gioco d'azzardo in cui ti trovi ha una posta in gioco altissima. E' la storia cattiva e difficile di una caccia al tesoro (il bottino di una rapina del '65) nel piccolo giardino di una Las Vegas proletaria e disperata, di una famiglia che si disgrega scavando fuori e dentro se stessa abissi di vuoto. Il tono è quello della commedia mentre il contenuto è drammatico. Tra i migliori film in concorso, pecca nel finale dilatato e diluito. Tagliare gli ultimi 15-20 minuti lo avrebbe reso quasi perfetto.

$e11 Ou7!- Settimana della critica
E' il film cult del Lido. Questo pamphlet che si tuffa da un genere e l'altro per poco meno di due ore, diretto, prodotto, scritto e montato dall'anglomalese Yeo Joon Han, è una geniale lente d'ingrandimento sulla nostra società devastata. Il film su un film immaginario -si parte con l'intervista a un regista trash che fa dell'incomunicabilità di Antonioni il suo mantra- propone una galleria di personaggi esilaranti: una giornalista senza vergogna e che è pronta a strumentalizzare anche la morte, se in diretta, per il suo successo; un ricercatore d'industria troppo idealista; due tycoon che profetizzano l'usa e getta post garanzia e l'inganno del consumatore ad ogni costo. Notevoli anche i videoclip e le coreografie kitsch dei momenti musicati e cantati Tra musical e reality, il cineasta si scatena in una farsa dai dialoghi improbabili quanto l'inglese pop e con accento asiatico parlato dei personaggi, trovando un linguaggio, con la macchina da presa e con la penna, innovativo e spiazzante. Un attacco selvaggio e acuto al capitalismo senz'anima, al voyeurismo televisivo, alle nostre comunità apocalittiche e disintegrate. Se riuscirete a vederlo- sarebbe bello che qualche distributore mostrasse lo stesso coraggio della Settimana della Critica- lo adorerete. E farete carte false per avere la colonna sonora più surreale della storia del cinema.

Che saccio- Giornate degli autori
Il delegato generale delle Giornate degli Autori Fabio Ferzetti compie il terzo anno alla guida della più giovane, e più forte, delle sezioni parallele alla Mostra. Lo ha fatto portando molti film interessanti, anche quando non riusciti. Vale anche per Che saccio di Camille d'Arcimoles, 40 minuti di documentario sui protagonisti di Respiro (2001) e Nuovomondo (2005) di Emanuele Crialese, Francesco Casisa e Filippo Pucillo. Uno sguardo affettuoso su due emarginati, dalla geografia e dalle condizioni sociali (uno è di Lampedusa, l'altro dello Zen di Palermo), che vengono inseriti nel mondo del cinema e mai abbandonati, come spesso invece è accaduto a ragazzi prodigio vittime del cinismo dei cineasti e dell'ambiente cinematografico. Il cinema, qualche volta, è una fiaba anche fuori dal set e la regista ce lo racconta con discrezione e intelligenza. Si poteva cadere nello stereotipo e nella retorica, invece tutto fila. E non era facile.

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